Dal poeta paesaggista al “paesologo” poeta: Franco Arminio a Poesia Festival ’15
Franco Arminio è una figura di intellettuale difficile da rinchiudere in una sola definizione. E allora il termine che ha coniato per definirsi, “paesologo” appunto, diventa il modo più semplice per iniziare a parlare di lui. Poeta, saggista, narratore, viaggiatore, documentarista. Sono tante le cose di cui si occupa instancabilmente. Con un filo conduttore: l’amore per il paesaggio e l’impegno per l’ambiente e lo sviluppo di uno stile di vita più sostenibile.
«Per Franco Arminio, il fondatore della paesologia, il paesaggio non esiste» ha scritto di lui Marisa Scotti sul sito “Doppiozero” «non è mai, cioè, un’immagine, uno spazio di contemplazione, o, per quanto l’attenzione alle sue peculiarità sia un requisito importante, qualcosa da descrivere, ma un ambiente di esperienza, che per essere tale passa per l’emozione. È il luogo del fare. Ma siccome per lui nessun fare prescinde da un investimento passionale, diventa immediatamente un luogo appassionato. Il luogo delle passioni».
Animatore del blog “comunità provvisorie”, Franco Arminio è un autore dunque che non distingue l’attività di scrittura dal suo impegno quotidiano a favore di un rapporto più consapevole e rispettoso con il paesaggio circostante, impegno che, come riporta lo stesso Arminio nell’intervista che potete vedere e ascoltare qui sotto, nasce con il terremoto dell’Irpinia del 1980.
Franco Arminio sarà a Poesia Festival domenica 27 settembre presso la biblioteca “Lea Garofalo” di Castelfranco Emilia, in una mattinata che vedrà ospiti anche Chandra Livia Candiani e Cesare Viviani.
Scrittore “specialista” delle forme brevi, in poesia preferisce uno stile semplice ma non dimesso, che cerca una sintonia immediata con il lettore, in quanto pensata come il luogo in cui letteratura e utopia si incontrano per innescare una scintilla di rinnovamento nel modo di pensare.
Una poesia diretta, che presuppone sempre la presenza dell’interlocutore al di là della pagina e dribbla il rischio dell’autoreferenzialità. Poesia quasi come un contatto fisico, d’amore in senso allargato: non solo per un singolo individuo, ma per tutte le persone, per ciò che ci circonda, per chi non c’è più, nella ricerca incessante di una dimensione universale. Una proposta che lo stesso Arminio, in un breve articolo apparso sul sito “Le parole e le cose”, ha sintetizzato così: «Molti lettori hanno lasciato la letteratura come speranza, come luogo del mondo in cui si prova a capire il mondo. Una volta la letteratura esisteva perché era il margine bianco delle opere e in questo margine c’era spazio per riconoscersi, per fare e disfare amicizie, per alimentare polemiche, per esprimere ammirazione». Uno spazio che la poesia può – e deve – tentare di ricostruire.